La navicolite comporta una progressiva degenerazione del navicolare, un piccolo osso alla base del piede che si mantiene in posizione grazie alla presenza di legamenti e tendini. Oggi si tende a chiamarla anche sindrome podrotrocleare o sindrome da dolore palmare in quanto le parti coinvolte nel processo sono molteplici e non solo strettamente limitate all’osso navicolare. Possono esserne affetti tutti i cavalli senza distinzione di età o razza tuttavia la percentuale è maggiore in quelli al di sopra dei sette anni e nei Quarter e PSI a causa della loro conformazione e del tipo di lavoro che spesso devono svolgere. Sono anche maggiormente esposti al rischio di sviluppare la sindrome navicolare gli animali sovrappeso, quelli con piede piccolo rispetto al resto del corpo, quelli sottoposti ad un lavoro eccessivo o su terreni troppo duri, quelli con una conformazione scorretta del piede con i talloni troppo alti o le punte troppo lunghe e quelli costretti a passare troppo tempo in box in quanto la circolazione del sangue nel piede diminuisce con il cavallo fermo. L’osso, diventato immobile, causa una diminuzione della circolazione sanguigna nel piede che porta ad una zoppia intermittente, progressiva ed invalidante. È intermittente poiché nella fase iniziale il cavallo tende a manifestarla ad inizio lavoro per poi scomparire a cavallo caldo ma, con il passare del tempo, si cronicizza e diventa più evidente e duratura. Il cavallo tende ad inciampare di frequente perché cammina sulle punte, risparmiando il tallone dolorante. Nel cavallo a riposo si può notare un frequente spostamento del peso o una posizione tipica con un anteriore appoggiato solo in punta. Può essere colpito un solo anteriore o entrambi ma, anche nel secondo caso, un arto rimane più compromesso dell’altro. L’animale può anche essere riluttante a muoversi, manifestare un forte dolore ai talloni e portare il maggior peso possibile sui posteriori; con il passare del tempo il piede cambia forma a causa della postura sbagliata, il tallone si alza portando ad una atrofizzazione del fettone.
Le possibili terapie a cui si può ricorrere sono svariate ma nessuna può garantire una completa ripresa; molti consigliano innanzi tutto di sferrare l’animale al fine di permettere una rimodellazione del piede e migliorarne l’afflusso di sangue; le infiltrazioni risultano di poca o nulla utilità; alcuni ricorrono ad una ferratura correttiva, cure con antinfiammatori, riposo, omeopatia, terapie con vasodilatatori e anticoagulanti nei casi cronici ed infine nevrectomia. Quest’ultima pratica è assolutamente sconsigliata e proibita in alcuni paesi data la sua pericolosità e la poca utilità dell’intervento.
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