lunedì 11 aprile 2011

Frattura

La frattura di un arto solo una trentina di anni fa era una condanna sicura all’eutanasia. In questi anni la chirurgia e la medicina veterinaria hanno fatto notevoli passi avanti nella cura delle fratture ma rimangono, tuttavia, uno dei problemi più gravi che si possano affrontare. Il fatto che gli arti del cavallo siano così piccoli rispetto al corpo non facilita la guarigione ed i tempi di recupero sono spesso molto lunghi in comparazione con quelli necessari all’uomo e possono intervenire molte cause di complicazione secondarie anche se l’operazione di recupero dell’arto di per sé si è svolta con risultato positivo. Più comunemente coinvolgono la parte inferiore degli arti ma possono coinvolgere qualsiasi osso. Possono essere dovute ad un trauma, ad un calcio, ad un incidente o ad un esercizio eccessivo. È molto importante che non sia permesso all’animale di muoversi nell’immediata successione dell’evento e immobilizzare l’arto può diminuire la sensazione di dolore; se si procede con il trasporto in clinica l’arto deve essere protetto in modo che la situazione non peggiori. Una frattura può essere di diverso tipo: se l’osso si è rotto in due parti di norma è più facile ottenere un risultato migliore mentre si avranno meno possibilità di successo se la frattura è scomposta oppure interessa un’articolazione (può avere come effetto secondario lo sviluppo di artrite e altre malattie degenerative dell’articolazione) o è esposta. In quest’ultimo caso l’osso penetra nella pelle e favorisce l’entrata di detriti e microbi che possono portare infezione. Esistono poi delle microfratture che vanno ad interessare l’osso soprattutto nei cavalli sportivi in giovane età: l’osso appare come crepato e non del tutto rotto e con il giusto riposo e una cura adeguata può guarire; se però questa non viene individuata ed il cavallo viene messo in lavoro troppo presto possono provocare delle fratture vere e proprie.

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